La prima volta che mi è capitato di assaggiare un vino col fondo è stata ad una fiera per vini bio. Sono andato con un amico, era il 2008. Non avevo nessuna esperienza in fatto di vini bio, ma la situazione mi incuriosiva molto. Entro in questa sala affrescata di una villa veneta, tutti i produttori di vino delineano il perimetro della stanza. Ognuno ha un banco con le proprie bottiglie in esposizione. Con la guida dell’evento in mano, iniziamo subito a scegliere quali vignaioli assaggiare.
Ed ecco che per la prima volta sento pronunciare le parole, dette dall’amico con cui ero, iniziamo con un vino col fondo. La prima reazione fu: che cos’è? E la risposta fu: un vino frizzante in cui sono stati lasciati in bottiglia i lieviti al termine della fermentazione. Lì per lì ci rimasi un po’ perplesso, un vino con i propri lieviti ancora in bottiglia? E che ci berremo.
Ci avviciniamo al banco, il vignaiolo ci versa il vino nel bicchiere e iniziamo ad annusarlo. Il vino è particolarmente espressivo, con i suoi profumi e note. Lo beviamo ed in bocca esprime ancora mille altre caratteristiche: l’acidità, la freschezza, il suo essere estremamente secco e la bolla fina e molto gradevole.
Inutile dire che è diventato subito il mio tipo preferito di vino. E da lì è iniziata la mia ricerca alla scoperta di tutti i rifermentati, altro nome utilizzato per i vini col fondo, perché ognuno ha le proprie caratteristiche ed è diverso dagli altri.
Cos’è in pratica il vino col fondo?
È un vino che conserva tutti i lieviti e altre parti solide all’interno della bottiglia. Viene fatto rifermentare in bottiglia senza alcuna filtrazione e a differenza del metodo classico non viene effettuato il “dégorgement”, quindi conserva all’interno il suo naturale deposito di lieviti. Si presenta nel calice con un colore più velato rispetto al vino fermo o spumante classico, questa caratteristica non va vista come un difetto ma come un pregio, rappresenta la genuinità e naturalezza del vino stesso, poco lavorato in cantina e estremamente digeribile.
Quali sono i metodi con cui si ottiene un vino col fondo?
In linea di principio ci sono un paio di processi attraverso i quali si ottiene un vino col fondo.
Il primo, che potremmo anche definire il metodo storico, è quello ottenuto con un’unica fermentazione alcolica. In questo caso si dice anche vino ancestrale proprio per il fatto che è ottenuto da una sola fermentazione. Durante la fase finale della fermentazione, quando sono rimasti gli ultimi zuccheri, la massa viene messa in bottiglia e completa il consumo degli zuccheri residui creando le bolle in modo spontaneo. Era il sistema utilizzato dai nostri antenati. Solo che per loro la fermentazione durava fino a primavera, iniziava subito dopo la vendemmia, le temperature fredde del periodo autunnale/invernale la interrompeva e con la primavera e il rialzo delle temperature riprendeva per completare l’assimilazione degli zuccheri.
Ecco perché i vini col fondo sono chiamati rifermentati, anche se qui, tecnicamente, la fermentazione è una sola. In questi anni è quasi impossibile riuscire ad avere una fermentazione che si protrae fino alla primavera, salvo in alcune zone, perché le condizioni climatiche sono decisamente cambiate. E anche le uve e i loro lieviti indigeni sono cambiati: hanno più vigore e riescono a portare a termine una fermentazione in poche settimane.
Diventa così cruciale, per chi vuole fare un vino ancestrale, continuare a verificare il livello degli zuccheri durante la fermentazione. E quando si ha la quantità di zuccheri che si desidera si va in bottiglia e si aspetta che vengano consumati completamente per ottenere il vino frizzante.
Passiamo al secondo metodo che ha avuto un certo successo negli ultimi anni. Mi riferisco a quello con due fermentazioni: quella della massa principale che viene portata fino alla fine e la seconda che avviene grazie all’aggiunta di mosto congelato o fecce nobili del vino stesso e zucchero d’uva. Con questo sistema si riesce ad essere molto più precisi nella quantità di zuccheri e lieviti da mettere in bottiglia in quanto si calcola la proporzione necessaria di mosto che dovrà essere aggiunto per la rifermentazione. Affinché il mosto aggiunto in un secondo momento non subisca shock e stress alcolici è consigliato portare ad una temperatura più idonea la massa principale, in modo che i lieviti e zuccheri possano trovare fin da subito l’ambiente ideale per rifermentare.
Per entrambi i metodi, quando il vino è finalmente imbottigliato, la cosa migliore è tenere le bottiglie in posizione orizzontale, in modo tale che il residuo solido sia a contatto con una superficie maggiore di liquido e possa svolgere meglio la rifermentazione. Di tanto in tanto è anche consigliato di scuotere le bottiglie e di capovolgerle in modo che la parte solida si mantenga in sospensione all’interno della bottiglia.