Il négociant è una figura che si affaccia nel mondo del vino già dal diciassettesimo secolo in Francia, nata per la valutazione della qualità del vino, in un momento in cui produttori senza scrupoli e osti sfacciati sofisticavano o annacquavano deliberatamente i vini che offrivano ai propri clienti.
Il négociant era il supereroe nel mondo del vino, il paladino che svolgeva un compito di garante della bontà, genuinità e “lealtà” del vino. Sia ben inteso che non si trattava di “guardie del vino” come i moderni nuclei di antisofisticazione, ma di commercianti che avevano tutto l’interesse, innanzitutto verso sè stessi, ad assicurare acquisti d’eccellenza attraverso un controllo selettivo a monte.
La sua funzione di arbiter qualitatis mediante controlli a campione delle botti, smascherava le eventuali alterazioni e solo nel momento in cui riconosceva la qualità certificava la bontà del vino. Come visto l’attività iniziò con la certificazione della qualità del vino nelle botti, ma col passare del tempo questo controllo si spostò via via più a monte della filiera: dalla fase di affinamento alla fermentazione fino, addirittura, alla vendemmia.
Il négociant con la sua opera contribuì a disciplinare la qualità e rappresentò un deterrente verso i produttori improvvisati e gli imbroglioni. Da semplice “controllore di qualità” il négociant diventa imprenditore, il négociant-éleveur: non è proprietario di vigneti e nemmeno di cantine in cui vinificare il proprio vino, ma è proprietario intellettuale del risultato.
La prima qualità nel mondo del vino l’ha fatta il négociant per tutelare il mercato prima ancora che i consumatori anche se di riflesso furono protetti anche loro.
Quella raccontata finora è la storia legata all’affermazione della figura del négociant, ma come si sono evolute le cose nei secoli successivi fino ad arrivare ai giorni nostri?
Col passare del tempo lo scetticismo che domina verso chi acquista uva deve essere in qualche modo abbandonato. In Italia si stanno rapidamente diffondendo, in Australia esistono da tempo così come in Borgogna figure di vignaioli atipici che non disponendo di denaro per acquistare suoli e realizzare la propria cantina, bypassano questo oneroso impegno per concentrarsi nella vinificazione di partite di uva. Si tratta, quindi, di una figura ibrida tra l’artigiano e il commerciante di stretta attualità soprattutto per chi si muove dal basso con competenza senza santi in paradiso o avi vignaioli.
Perché si stanno diffondendo questo tipo di “new producer” nel mondo del vino? Perché si tratta di un modello di business virtuoso: aiuta la viticoltura sommersa e permette la sopravvivenza della parte più debole ma necessaria della filiera produttiva quella del piccolo agricoltore. Inoltre con le proprie idee di vino possono creare nuovi vini in zone vinicole ancora legate alle tradizioni dei propri avi vignaioli proponendo vinificazioni alternative a quelle classiche adottate fino ad oggi.
Ed è proprio questa la nuova veste che sta acquisendo la figura del négociant ai giorni nostri: non acquista solo masse già vinificate, ma si pone anche come vinificatore e affinatore delle uve o mosti che acquista e vinifica prima di imbottigliare. In alcune zone vinicole della Francia il négociant inizia ad acquistare terre vitate: in Borgogna, ad esempio, il 25% dei terreni Gran Cru è in mano ai négoce. Questo non vuol dire che i négociant e i piccoli produttori sono principali concorrenti, anzi forse stanno mettendo a punto un nuovo sistema di business che contrasta la vera concorrenza reale internazionale.
Il négociant del nuovo millennio fa da polmone alla produzione vinicola di un determinato territorio e allo stesso tempo costruisce una filiera per gli stessi vignaioli.